Paolo Rumiz, Verranno di notte, Feltrinelli 2024
“Europeo, non conoscerai la tua terra in aereo.
Ti servirà il treno, la corriera o la bicicletta per entrare nella verità dei Paesi.
Il viaggio lento è il più grande antidoto ai pregiudizi nazionali.
È il confronto più diretto con l’Altro, un inestimabile strumento di conoscenza.
A Bruxelles, un giorno dissi a sconcertati funzionari che la forza del mito europeo si sentiva più fuori dalla UE che dentro i suoi confini.
Dissi che, prima di entrare in servizio, i burocrati di Bruxelles avrebbero dovuto passare un anno sabbatico nelle periferie più derelitte dell’Unione, muovendosi con i mezzi pubblici.
Ci fu un mormorio tra le moquette del palazzo.
Con Monika, fantastica reporter che conosce come nessuno quelle periferie dimenticate d’Europa, avevo viaggiato da Murmansk al Mar Nero, avvertendo cose che nessun ambasciatore sarebbe stato in grado di percepire.
L’irrigidirsi dell’orso russo, deluso dall’Occidente.
La corruzione dilagante nei Paesi ex comunisti passati alla democrazia.
La discriminazione dei nuovi entrati nell’Ue verso le minoranza ex sovietiche.
La memoria tremenda di polacchi, baltici e degli altri ex-sovietici, vissuti sotto il tallone di due totalitarismi.
Avevamo sentito, in anticipo di quattordici anni, la paura degli ucraini di una guerra fra la Russia e la Nato.
Per capirlo, era bastato salire sui mezzi pubblici e ascoltare la gente.
Era il 2008, ma il futuro era già nell’aria.”
Dal primo capitolo
Quelli come me non hanno che parole da offrire. Ma le parole non sono poco, in questo sconfortante silenzio.
Dalla quarta di copertina
Treni, profughi, convogli militari nel buio.
In una lunga insonnia accanto alla stufa accesa, sulla frontiera dell’Est, Paolo Rumiz sente la notte di malaugurio di un’Europa assediata da guerre e governata dai poteri selvaggi dell’economia. Riceve segnali allarmanti da Francia, Germania, Spagna, Grecia e Paesi Baltici e si chiede come resistere a tutto questo. Orwell è entrato anche a Bruxelles, i princìpi della Costituzione europea sono in macerie, le sbarre di confine ritornano. Intorno, guerra contro le vite umane che migrano, guerra di tutti contro tutti, disumanità e indifferenza.
L’uomo nel buio sente che i barbari possono arrivare in qualsiasi momento, e capisce che non basta la parola “fascismo” a definirli. Dietro al fascismo c’era un’idea di società, dietro a costoro c’è un’identità costruita da influencer e priva del profumo dolce della patria. Ed è di notte che essi si muovono, digitando parole di odio in rete. I nuovi barbari si servono meglio di chiunque altro di questa macchina perversa per occupare il vuoto politico lasciato da una sinistra inconsistente, lontana dal popolo e priva di etica.
Ma proprio quando “tutte le fisarmoniche della notte sembrano suonare assieme”, Rumiz scopre una miriade di punti luce dall’Atlantico alle terre dell’Est. In Germania, ma anche altrove, sono scesi in piazza a milioni contro i sovranisti. Allora sente crescere in sé il demone dell’ironia e della lotta, e al tempo stesso la fiducia nella forza della parola di cui si sente custode. Poi il cielo si schiara, e le ombre fuggono negli anfratti del bosco.
Dal risvolto
P. Rumiz, Verranno di notte. Lo spettro della barbarie in Europa, Feltrinelli 2024.
Paolo Rumiz (Trieste 1947) è scrittore e viaggiatore. Verranno di notte completa la sua quadrilogia sull’Europa. Figlio di una delle frontiere più inquiete della Terra del tramonto, ha già dedicato al tema Trans Europa Express, un viaggio sul confine orientale dell’Unione, Il filo infinito, centrato sui monasteri del patrono san Benedetto, e Canto per Europa, rilettura epica in chiave contemporanea del mito che ha dato nome al nostro continente. In gran parte per l’editore Feltrinelli, ha scritto trenta libri, perlopiù sull’esplorazione dei territori. Divoratore di mappe, Rumiz considera le scarpe importanti quanto il bloc-notes ai fini della narrazione. La sua passione, scrive il “New York Times”, è ascoltare le periferie senza voce. Ha lavorato come voce narrante con l’Orchestra sinfonica dei giovani europei (Esyo). È stato tradotto in America, Francia, Germania, Spagna, Polonia e Paesi dell’ex Jugoslavia.