Franco Ferrara, il cielo era già in noi, Argolibri 2023
Grande esploratore e poeta, a lungo dedito alla scoperta delle piste carovaniere utilizzate dai Romani nell’Africa sahariana, Franco Ferrara ha attraversato, con versi mercuriali, i deserti materici della parola poetica, «nell’urgenza assoluta di spogliarsi dell’uomo umano» (Rubina Giorgi), rivolgendo la sua poesia minerale ed alchemica oltre il letargo del tempo presente: perché «mitologia è ontologia», mattino di un altro giorno, viaggio che non ha fine, canto; ed è proprio dal canto silenzioso del deserto che questo libro proviene, riemerso dalle sabbie di un oblio che rischiava di oscurarne l’assoluta grandezza.
Dalla quarta di copertina
Come colui che apre il proprio cranio per afferrare l’insonnia
ed è sorpreso da un coro giallo di api
ho fissato parole per orientarmi nell’esilio
e più nudo del fuoco
ho camminato col passo del sangue e dell’unghia.
Ho enumerato le onde del deserto
e ognuna ha ripetuto l’eco di ogni assenza
Ho sottratto i suoni alle lettere che compongono il nome dell’assenza
e ho trovato l’affanno della luce
Ho ripercorso le onde del deserto
e ho calpestato soltanto l’orizzonte
della mia ombra.
E con la mia ombra
ho attraversato ancora i capelli dell’assenza
Ho cercato le sue mani per ritrovare le mie mani
Ho accostato le labbra al suo volto vuoto
per riconoscermi
e le ho corrose pronunciando il suo nome
E ho abitato nel sogno il suo respiro
Ho legato le mie vene
per non disturbare le sue orme di vento
Ho lavato la mia fronte nel sudore della mia fronte
Ho dissetato coi miei occhi la sorgente a cui chiedevo acqua
Ho dato la mia parola alla parola che attendevo
E ho riscaldato il fuoco con le mie ossa
perché la fiamma ha avuto freddo
guardandomi
A questo punto, a Franco Ferrara non resta che deporre l’ultima pietra. Ha tributato parole alla gioia, ai regni ombrosi dei monti, alle traversate oceaniche del sogno, ai dilemmi letterari, alla trama occulta del mondo, ai propri eroi, all’amore: radunate le forze residue, prende le distanze da tutto e comincia a comporre, strato su strato, il suo testamento di vita: sono le pagine altissime, aspre, disincantate di Questo intendevo dire, un libro «che poi in fondo non è un libro e forse è tutt’altra cosa», un luogo di luce accecante che sembra tentare, quasi roteando sul suo stesso perno, l’oracolo massimo, il perforamento apicale. Un’opera matura e pronunciata su un ronzio di scarabei, mentre il rivolo dei versi si fa strada, goccia dopo goccia, tra i terreni carsici di immagini vastissime, terse come cieli, che servono a un tempo la causa allegorica e la glorificazione di ogni ente.
Da “Un luogo lontanissimo da tutto”, scritto introduttivo di Gianluca Armaroli
F. Ferrara, il cielo era già in noi, Argolibri 2023. A cura di Gianluca Armaroli, Domenico Brancale, Giorgiomaria Cornelio. Con uno scritto di Rubina Giorgi.
Franco Ferrara (Roma, 16 marzo 1935 – Roma, 23 gennaio 2014)
Vissuto per tutta la vita a Roma, Franco Ferrara ha ottenuto una certa fama tra gli anni ’80 e ’90 per aver guidato, sotto il patrocinio dell’Unesco, una serie di spedizioni nell’Africa sahariana alla scoperta delle strade carovaniere utilizzate dai Romani. La sua poesia, sempre affidata all’inchiostro di edizioni in tiratura limitata, attraversa, con oltre una ventina di uscite, tre decenni di storia letteraria italiana.
Ha pubblicato: I pascoli della nostra mano (Rebellato, 1960), La terra è fututo da ardere (Rebellato, 1961), Le unghie del sole (Rebellato, 1964), Nella stirpe del fuoco (Rebellato, 1966), Sul colle degli elfi (Terzo Millennio, 1967), Dalla Storia della sorgente del tronco bianco di Tymoteusz Karpowicz (Terzo Millennio, 1967), Maelström (Terzo Millennio, 1967), Lettera dal Capo di Buona Speranza (Terzo Millennio, 1969), 13° 32′ Est Greenwich (Terzo Millennio, 1969), Lampada combinatoria delle invenzioni logiche (Todi, 1969), Wanderlust (Terzo Millennio, 1969), Storia sublunare e celeste del maestro degli elfi e dell’angelo Gelsomino (Terzo Millennio, 1971), Storia della penombra accanita e dei luoghi paralleli (Terzo Millennio, 1975), L’esilio e il possibile (Shakespeare & Company, 1975), Frammenti dalla storia di un incircoscrivibile estremo e di altri infinitesimali azzardi (Terzo Millennio, 1981), Trasmutazioni su testi di Urszula Koziol (Porfiri, 1982), Nell’incavo della domanda (Porfiri, 1982), La trasgressione del silenzio (Terzo Millennio, 1985), Lettera a Natasha. Sulla causalità, natura, luoghi, assonanze e implicazioni molteplici dei nostri studi (Libreria Achab Editrice, 1986), Imżad (Ripostes, 1988), Questo intendevo dire (Ripostes, 1990). La casa editrice Ripostes ha curato, tra il 1988 e il 1991, l’edizione completa delle sue opere poetiche.
Volevo conoscere i percorsi sahariano di Ferrara e se vi sono relazioni di queste spedizioni