Daniele Del Giudice, I racconti, Einaudi 2016
«Del Giudice viene di solito ascritto a una linea fredda, quando è invece uno dei massimi esponenti di una linea calda della prosa italiana»
Giuseppe Genna
Negli anni Ottanta e Novanta quando usciva un libro di Daniele Del Giudice era un evento per critici e lettori, in Italia e all’estero, e ancora oggi per tanti scrittori stranieri (ad esempio McEwan e Carrère) rimane lui l’autore italiano con cui confrontarsi. Qui vengono raccolti tutti i suoi racconti usciti in volume e alcuni racconti meno noti, fra i quali due inediti. Se teniamo presente che la narrativa breve può essere considerata la quintessenza dell’idea di letteratura di Del Giudice, all’incrocio fra percezione e mistero, questo volume è una via naturale per rileggerlo e riconoscere appieno il fascino della sua scrittura.
Dalla quarta di copertina
C’è un’utopia malinconica nei racconti di Del Giudice. Si trova in una scena ricorrente: qualcuno comunica a qualcun altro la sua passione conoscitiva; e, nel farlo, trova nell’altro una rispondenza, una condivisione; suscita una curiosità viva, sincera. Di conseguenza, la relazione a due è la più vera, perché solo nelle relazioni a due si può fondare la fiducia necessaria per aprirsi a vicenda una soglia, e ospitarsi l’un l’altro. Ma questo tipo di fiducia – è la prima sorpresa che procurano questi racconti – non consiste nel comunicare una situazione interiore; al contrario, il suo contenuto è qualcosa di esterno. Non si fa una confidenza intima, non ci si racconta un segreto ma si descrive un oggetto, un mestiere, una caratteristica tecnica: i particolari di un quadro, la polvere, l’orecchio assoluto, la decomposizione, la lotta, l’architettura cimiteriale, le fortezze militari, le comete…Il rapporto fra due persone ha bisogno di una triangolazione: i loro sguardi debbono convergere su una cosa messa a fuoco in comune. È questa la scena primaria dei racconti di Del Giudice: ed è anche la loro scena ultima, perché lì convergono non solo gli sguardi e gli interessi cognitivi, ma soprattutto i desideri, le attrazioni, le destinazioni sognate dai protagonisti.
Dalla prefazione di Tiziano Scarpa
D. Del Giudice, I racconti, Einaudi 2016. Prefazione di Tiziano Scarpa.
Daniele Del Giudice è nato a Roma nel 1949. Per molti anni è vissuto a Venezia, dove è morto nel 2021. Nel 1983 è uscito il suo primo romanzo, Lo stadio di Wimbledon, centrato sulla figura di Bobi Bazlen. Due anni dopo è stata la volta di Atlante Occidentale, la storia dell’amicizia tra un giovane fisico e un vecchio scrittore alla ricerca di una diversa percezione delle cose. Del 1988 è il racconto Nel museo di Reims e del 1994 Staccando l’ombra da terra, un libro composto di varie narrazioni ma fortemente organico sull’esperienza del volo. Mania, del 1997, è una raccolta di racconti. Insieme a Marco Paolini, nel 2001 ha firmato uno spettacolo e un libro con vhs, I-Tigi. Canto per Ustica, dedicati al disastro aereo del 1980. Nel 2009 l’edizione ampliata con dvd. Nello stesso 2009 Orizzonte mobile, altro libro composito ma unitario sull’Antartide fra storia, epica delle esplorazioni ed esperienza personale. Ultimo libro: In questa luce, raccolta di saggi e scritti autobiografici (2013). Nel 2002 gli è stato assegnato il premio Feltrinelli – Accademia dei Lincei per il complesso della sua opera narrativa. Tutti i suoi libri sono pubblicati da Einaudi.