Roland Barthes. Due testi tradotti da Antonio Devicienti
SCRITTURA E PALPEBRA
(da Roland Barthes, L’empire des signes)
Pochi tratti
(arbitrari, sì, ma
ordinati e regolari)
a tracciare il pittogramma;
densa la linea
avviata a pieno pennello –
assottigliarsi, poi, curvare:
suo svanire.
L’occhio: come a cominciare
a pieno pennello sull’angolo interno –
rovesciarlo poi
ellittica fenditura
a chiudersi come curvando verso la tempia
(è come foglia, come virgola d’inchiostro:
doppia curva rovesciata
e gli orli affrontati).
Occorre una vita intera
per imparare quell’unico gesto
che
sa
tracciare
il cerchio sublime!
Les quelques traits qui composent un caractère idéographique sont tracés dans un certain ordre, arbitraire mais régulier; la ligne, commencée à plein pinceau, se termine par une pointe courte, infléchie, détournée au dernier moment de son sens. C’est ce même tracé d’une pression que l’on retrouve dans l’oeil japonais. On dirait que le calligraphe anatomiste pose à plein son pinceau sur le coin interne de l’oeil et le tournant un peu, d’un seul trait, comme il se doit dans la peinture alla prima, ouvre le visage d’une fente elliptique, qu’il ferme vers la tempe, d’un virage rapide de sa main; le tracé est parfait parce que simple, immédiat, instantané et cependant mûr comme ces cercles qu’il faut toute une vie pour apprendre à faire d’un seul geste souverain.
*
CAMERA CHIARA
(da Roland Barthes, La chambre claire)
Se una foto mi piace
se una foto mi turba
non la lascio andare.
La contemplo, la scruto.
Ma
in fondo al giardino d’inverno
il volto di mia madre sbiadisce:
svanisce.
L’avevo trovata, riconosciuta, lei,
l’avevo vista, era lei –
e ora dirò perché è lei
in che cosa è lei
ne farò ingrandire il volto
particolare dopo particolare –
mia ingenuità!
per conoscere la verità di un viso
vorrò ingrandirne ogni dettaglio:
giungerò così a cogliere l’essenza della madre?
Si j’aime une photo, si elle me trouble, je m’y attarde. Qu’est-ce que je fais, pendant tout le temps que je reste là devant elle? Je la regarde, je la scrute, comme si je voulais en savoir plus sur la chose ou la personne qu’elle représente. Perdu au fond du Jardin d’Hiver, le visage de ma mère est flou, pâli. Dans un premier mouvement, je me suis écrié : « C’est elle! C’est bien elle! C’est enfin elle! » Maintenant, je prétends savoir — et pouvoir dire parfaitement— pourquoi, en quoi c’est elle. J’ai envie de cerner par la pensée le visage aimé, d’en faire l’unique champ d’une observation intense ,j’ai envie d’agrandir ce visage pour mieux le voir, mieux le comprendre, connaître sa vérité (et parfois, naïf, je confie cette tâche à un laboratoire). Je crois qu’en agrandissant le détail « en cascade » (chaque cliché engendrant des détails plus petits qu’à l’étage précédent), je vais enfin arriver a l’être de ma mère.
NOTA: questi testi sono un “esperimento”: ho provato a tradurre un brano in prosa che amo in modo particolare non solo in italiano, ma anche… in versi.
Con il ritmo e il passo della scrittura necessariamente differenti da quelli della prosa ho cercato di suggerire uno stato d’animo, una postura del pensiero, ho provato, anche, a scrivere un mio testo in poesia fortemente ispirato alle parole e alle movenze di pensiero di un autore infinitamente più grande e più capace di me; non nascondo che mi seduceva anche l’idea di una traduzione meno vincolata e virata sull’impatto emotivo del testo originale.
Molto azzardato…interessante ma la forza della prosa de Barthes sarebbe forse bastata.
… infatti l’azzardo è uno dei modi che pratico per esprimere il mio amore e l’ammirazione nei confronti di alcuni testi; e mi permetto di osservare che la “forza” di un testo risiede anche nella sua capacità di generare tentativi che vadano oltre il suo “bastare”; per me il testo che non dà vita a sue variazioni presso altri autori rischia di rivelarsi morto. E quindi sterile.