Trasfusioni

Da «Guerre» di Louis-Ferdinand Céline, traduzione di Bruno di Biase

 

A sessant’anni dalla morte di Louis-Ferdinand Céline, Gallimard pubblica il romanzo postumo Guerre. Ne proponiamo un assaggio nella traduzione di Bruno di Biase.


   Devo essere rimasto lì ancora una parte della notte seguente. Tutto l’orecchio di sinistra era incollato per terra con del sangue, la bocca anche. Tra i due c’era un rumore immenso. Ho dormito con questo rumore e poi si è messo a piovere, una pioggia fitta. Kersuzon lì accanto era steso duro sotto l’acqua. Ho agitato un braccio verso il suo corpo. Ho toccato. L’altro non potevo. Non sapevo dov’era l’altro braccio. Era salito altissimo in cielo, volteggiava nello spazio e poi tornava giù a tirarmi la spalla, nella carne viva. Mi faceva ogni volta cacciare degli urli tremendi e poi era peggio. Dopo riuscivo a fare meno rumore, sempre col mio urlo, dell’orrore di rumore che mi sfondava la testa, dentro, come un treno. Non serviva a niente ribellarsi. È stata la prima volta in quella melassa piena di granate che passavano sibilando che ho dormito, tra tutto il rumore possibile, senza perdere completamente coscienza, cioè nell’orrore insomma. Tranne che nelle ore in cui mi hanno operato, non ho mai più perso completamente coscienza. Ho così sempre dormito nell’atroce rumore da dicembre 1914. Mi sono beccato la guerra nella testa. Ce l’ho rinchiusa lì dentro.
    Bene. Dicevo dunque che in piena notte mi sono girato sul ventre. Già meglio. Ho imparato a fare la differenza tra i rumori di fuori e i rumori che non mi avrebbero più lasciato. In quanto a dolori, degustavo appieno anche alla spalla e al ginocchio. Ad ogni modo mi sono rimesso in piedi. Ma in fin dei conti avevo fame… 

2 thoughts on “Da «Guerre» di Louis-Ferdinand Céline, traduzione di Bruno di Biase

    1. Sì, Le Monde, giornale non sospetto di celinismo, senza mezzi termini ha parlato di capolavoro. A me che lo sto traducendo mi sembra più un primo getto grezzo, ma la cosa straordinaria di questo ovni è lo stile, non più il Viaggio, non ancora Morte a credito, è l’anello mancante dell’abisso stilistico che separa i primi due.

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