Isidore Lucien Ducasse conte di Lautréamont
CANTO PRIMO
[1] Voglia il cielo che il lettore, fattosi ardito e divenuto momentaneamente feroce al pari di ciò che legge, trovi, senza disorientarsi, la sua strada aspra e selvaggia, attraverso le paludi desolate di queste pagine oscure e pien di tosco; perché, a meno che non informi la sua lettura ad una logica rigorosa e ad una tensione di spirito equivalente almeno alla sua diffidenza, i mortali effluvi di questo libro impregneranno la sua anima come l’acqua lo zucchero. Non è bene che tutti leggano le pagine qui seguenti; qualcuno soltanto gusterà senza pericolo quest’amaro frutto. Di conseguenza, anima timida, prima di inoltrarti vieppiù in simili lande inviolate, volgi i talloni indietro e non avanti. Porgi bene orecchio a ciò che ti dico: volgi i talloni indietro e non avanti, come gli occhi d’un figlio che si distolga rispettosamente dalla solenne contemplazione del viso materno; o, piuttosto, come un angolo a perdita d’occhio di gru freddolose e assorte, che, durante l’inverno, vola gagliardamente attraverso il silenzio, a vele spiegate, verso un punto determinato dell’orizzonte, donde parte d’un tratto un vento strano e impetuoso, preludio alla tempesta. La gru più vecchia e che forma da sola l’avanguardia, a veder ciò tentenna il capo qual persona di senno, quindi fa schioccare il becco, e non è contenta (neppur io lo sarei nei suoi panni), mentre il suo vecchio collo, sprovvisto di piume e coevo di tre generazioni di gru, si dimena in dondolio irritato, presago della burrasca che avanza a grado a grado. Dopo aver scrutato più volte a sangue freddo per ogni dove con occhi esperti, prudentemente, la prima (perché spetta a lei il privilegio di mostrare le penne della coda alle altre gru di minore intelligenza), col grido vigile di malinconica sentinella, per ricacciare il nemico comune, vira flessuosamente la punta della figura geometrica (è forse un triangolo, ma non si vede il terzo lato che formano nell’aria questi singolari uccelli di passo), sia a babordo, sia a tribordo, come un abile capitano; e, manovrando con ali che non paiono più grandi di quelle d’un passero, poiché non è sciocca, intraprende così un altro cammino filosofico e più sicuro. […]
Lautréamont, I canti di Maldoror. Poesie-lettere, Rizzoli 2010. A cura di Idolina Landolfi. Testo francese a fronte.