Nerina Toci, Un seme di collina, Fondazione Mudima 2020
Il rapporto tra l’artista e il linguaggio poggia sulla considerazione che esso costituisce la realtà con cui confrontarsi, il punto di partenza da cui muoversi per eseguire la sperimentazione di una possibile lacerazione capace di fondare una nuova articolazione.
L’arte richiede sempre un’iniziativa sperimentale come l’approdo della fantasia in un risultato oggettivo. La sperimentazione non riguarda semplicemente il campo della tecnica esecutiva ma piuttosto il metodo e dunque la continuità di un’ottica che non conosce insicurezza od esitazione. La pulsione dell’artista trova nel linguaggio il campo entro cui il gesto diventa tracciato evidente.
Nella misura in cui l’artista si muove sotto la spinta una necessità personale, dunque non precostituita nel suo esito espressivo, richiede il coraggio di una iniziativa sperimentale che di per sé confina con uno stato delirante. Delirante significa uscire fuori dalle righe, oltrepassare la misura organizzata dalle acquisizioni precedenti del linguaggio.
Nerina Toci è un’artista che possiede la coscienza di tale condizione, la consapevolezza dell’eccedenza necessaria per fondare un’immagine personale. Per approdare al risultato della forma, l’artista si arma di un’estrema lucidità che la porta ad un controllo del delirio senza però ridurlo d’intensità mediante il controllo della pura ragione.
Ha realizzato fotografie che rappresentano la condensazione formale di una visione. Essere visionari non significa necessariamente alterare le simmetrie della comunicazione linguistica, ma semmai portarle in una condizione di corrispondenza col proprio immaginario.
La forza dell’artista albanese consiste nella capacità di costruire un paesaggio di figure e di oggetti che non intendono nella propria alterazione misurarsi con i codici visivi della realtà. In questo senso la Toci non è un’artista riconducibile a matrici espressioniste. Non ha risentimenti verso le cose che la circondano. Ma armata da un indispensabile senso di onnipotenza adotta la creazione artistica come strumento per costruire un universo autonomo e separato dalle cose stesse.
In tal modo le sue fotografie non sono infantilmente trasgressive rispetto ai canoni di armonia, proporzione e simmetria. Non costituiscono un paesaggio di risentimento iconografico, puramente sentimentale, speculare al freddo paesaggio che circonda l’uomo. La Toci si pone rispetto al linguaggio nella condizione e rappresentazione della propria visione.
Dallo scritto, presente nel catalogo, “Tra mito e delirio” di Achille Bonita Oliva.
Nerina Toci, Un seme di collina, Fondazione Mudima 2020.